venerdì 9 dicembre 2011

Los Gitanos de Andalucia



L'Andalusia è soprattutto Cielo infinito, mutevole, grandissimo.
I colori sono forti, netti, instancabili Si può ritrovare il significato autentico delle parole rosso, giallo e azzurro.
Tutto è netto e deciso, così come lo è la popolazione Gitana che si incontra ad ogni angolo di Siviglia, Cordoba e Granada. Queste sono le città che ho avuto la fortuna di visitare.
Siviglia per me è stata la più sorprendente. Coi i suoi monumenti incantevoli e le vie palpitanti di vita. Ho respirato la forte consapevolezza della cultura Andalusa e la fierezza tipica di ispanici fieri di aver dato luce e spolvero ad un'arte sconvolgente che si vive con lo stomaco, che suscita sensazioni forti e trasmette la gioia, l'amore, la morte, la sofferenza dell'animo andaluso...in una parola, il Flamenco.
Il 'duende' è la forza che passa dall'artista al pubblico e dal pubblico all'artista. 
Si può essere un tutt'uno con el tocar di chitarra flamenca dei musicisti, si può far pulsare il proprio cuore al ritmo dei battiti delle mani, si può ascoltare la storia di un amore perduto smarrendosi nei passi di danza delle flamenquite.
Il popolo Gitano ha dato un enorme contributo alle evoluzioni di questa danza, musica e canto (il Flamenco con un'unica parola intende tutte e tre le fasi). Flamenco era (ed è ancora) un'arte liberatoria, in cui ogni sensazione o problema della propria vita viene esplicitato con forza, è un lungo lamento, talvolta straziante , talvolta dolce nelle vesti di una serenata per l'amata, talvolta come un lancinante grido di guerra. 
Ecco, in Andalusia questo cercavo e questo ho trovato. 
Seguendo i consigli di una guida ho portato la mia truppa in un locale assai conosciuto, nel centro della città, la Carbonerìa: una ex carbonerìa, appunto, trasformata in un locale notturno.
 Arrivando verso le 22 (orario in cui gli spagnoli cenano) si assiste ad un spettacolo posticcio di finto Flamenco (specchietti per le allodole o luccichini per turisti, tanto per intenderci). Tuttavia, se non si perdono le speranze e si resta lì ancora un pò...ancora un pò...ecco che avviene il miracolo: 
via le orde di italiani, tedeschi e giapponesi, ecco una nuova atmosfera...la creano i Sivigliani! 
Il locale diventa luogo di improvvisazioni di Flamenco.
Succede così che proprio la prima notte a Siviglia ho avuto l'onore di conoscere Carlos Heredia, un Gitano Andaluso maestro di chitarra flamenca che ti osserva e sorride mentre suona. La musica che sortisce è indescrivibile a parole.
A lui ho chiesto della situazione dei Gitani in Spagna o quantomeno in quella regione, mi risposto che di discriminazione non ce n'è molta e mi ha guardato stupito quando gli ho detto che in Italia i ''Gitani'' vengono cacciati dalle proprie ''case''.
I pareri raccolti sono però discordanti riguardo al mio sentore sui gitani: vicino alla Cattedrale di Siviglia una donnona Gitana, dopo avermi predetto la buena suerte (e spillato 7 euro perché sono molto superstiziosa....attenti!), mi ha sostenuto che per loro non c'è lavoro, così molti fanno l'elemosina, anche se (improvvisando un passo di baile flamenco) potrebbero essere ballerine cento volte migliori di quelle che si vedono in alcuni locali!
In un bar vicino a Plaza AlfaAlfa addirittura una signora (un pò ubriaca) mi ha negato l'esistenza dei Gitani in Spagna.

Non mi sono data per vinta e per approfondire l'argomento, a Granada dirigo il mio passo verso il Centro Socioculturàl Gitano Andaluso (al suo ventesimo anniversario d'apertura). L'intento era di chiedere a chiunque volesse, nuove informazioni.Insistendo, cercando, sono stata ricevuta dalla presidentessa del Centro (che onore! peccato che in realtà ci fossi solo io a chiedere illuminazioni).Una bella donna dalla carnagione scura e i capelli color pannocchia e tanti anelli bene in mostra alle mie richieste si è illuminata quando le ho detto cosa cercavo e mi ha travolta con un fiume di parole andaluse. Mi haspiegato che la situazione, paragonata a quella dell'Italia, non è troppo diversa: la discriminazione esiste un bambino gipsy fatica ad andare a scuola e a trovare lavoro, però c'è un grande ripetto verso l'arte Gitana.
Mi ha lasciato un paio di opuscoli preziosi che il centro disctribuisce nelle scuole elementari e medie della città: si tratta di un fumetto (oltretutto disegnato benissimo) che racconta tutta la Storia del Popolo Gitano.
Qui in breve, i punti fondamentali:
Si parte dalle migrazioni dell' VIII e IX secolo dal Punjab (India del Nord) quindi all'arrivo in Europa. Qui convivevano più o meno pacificamente diverse culture e religioni e il popolo Gitano venne bene accolto.Ma perchè cambiarono le cose? 
Nel fumetto una grande Croce disegnata è del tutto esplicativa: dal 1492 i re cattolici per unificare i territori conquistati cercarono una stessa religione e una stessa lingua: il cristianesimo e il castigliano. 
Così, come agli ebrei e ai mussulmani, anche al popolo gitano venne proibito di parlare la propria lingua (il Calò, Kalé), di praticare riti e indossare gli abiti della propria cultura, venne impedita la pratica del nomadismo, cercando insomma di negare quella specifica identità. 
L'impegno del gitano di conservare la propria Romanipé (identità) veniva punito con torture, soprusi, galera ed espulsione dal paese. 
Fu così fino al 1783: durante il regno di Carlos III si dettarono per la prima volta leggi contro la discriminazione delle persone, ma ugualmente ai gitani veniva proibito di parlare la propria lingua ed indossare i propri costumi.
Con l’avvento della dittatura Franchista, nel XX secolo, si ripresentò una situazione fortemente negativa per i gitani: fu loro proibito parlare il Calò (sarebbe poi il Romanes) che venne etichettato come la lingua dei delinquenti, si vietarono nuovamente il nomadismo e la vita errante (considerati reati) e si raccomandò alla vigilanza un controllo particolare sulla comunità gitana, venne applicata la legge di “Peligrosidad Social”.
Più recenti e vergognosi e dolorosi gli anni del nazismo, in cui furono sterminati nei campi di concentramento (assieme a Ebrei, omosessuali e 'impuri') oltre 500 mila Gitani.
Con la venuta della democrazia spagnola poi tutto questo è cambiato. L'Articolo 14 della costituzione spagnola dice:

 ''Los españoles son iguales ante la ley, sin que pueda prevalecer discriminación alguna por razón de nacimiento, raza, sexo, religión, opinión o cualquier otra condición o circunstancia personal o social'', 
Siamo tutti uguali davanti alla legge, senza discriminazione di razza, sesso, religione, o qualsiasi altra ragione.
Nello Statuto di Autonomia dell'Andalusia l'articolo 9 garantisce il rispetto verso le Minoranze Etniche, tenendo come obiettivi di base la piena integrazione di queste ultime e in particolare di quella gitana.
Dopo tutte queste persecuzioni ci si chiede che cosa sia rimasto della propria cultura, ad un popolo tanto travagliato dove i valori sono trasmessi di padre in figlio, di madre in figlia.
La famiglia, infatti, è il punto centrale nella vita del gitano, una colonna portante, un costante punto di riferimento. La donna è fondamentale per la trasmissione ai figli dei valori e dei costumi. Gli anziani sono altamente rispettati, in quanto detentori di 'Storia'. Da loro si accetta ogni consiglio per superare le difficoltà della vita.
Si venera la Libertà, si vive nel presente e non si da tanta importanza agli aspetti materiali della vita.
Sono fondamentali la solidarietà, l'ospitalità e l'aiuto verso chi lo necessita, all'interno del nucleo familiare o nella comunità.
Purtroppo la Lingua è quella che si è persa di più, a causa delle persecuzioni prima descritte: i gitani spagnoli oramai non parlano più il Romanes, sono rimaste in uso corrente soltanto alcune parole, che gli spagnoli gagè (non gitani) conoscono ed usano con frequenza.
La Musica, il Cante e il Baile Flamenco sono i punti focale, consolidato e amato di questa tradizione.
A tal proposito, se vi capiterà di andare a Granada, il Flamenco è possibile gustarlo nel quartiere gitano di Sacromonte anche se di Gitani ne ho visti ben pochi (la maggior parte vivevano nelle cuevas- case di pietra scavate nella roccia- ma un recente terremoto ha franato la maggior parte di esse e le famiglie Gitane residenti sono state spostate nel centro della città). Unito al fascino meraviglioso delle case bianche, i fiori enormi, e le fontanelle piastrellate, aspettatevi anche il cattivo gusto di orde di turisti che parlottano a voce alta e fotografano (senza prima guardare) ogni angolo che gli capita sotto tiro!
In ogni caso, le Cuevas Los Tarantos sembrano le migliori, anche se abbastanza turistiche, ma sapere che ci ha ballato Carmen Amaya a me basta come scusa per tornare a Granada!
Quando vi verranno i brividi escuchando un cante de Flamenco, ricordate che è grazie al Popolo Gitano, il Popolo Rom, che potete goderne.
Lo stesso popolo che vi legge la mano per le vie di Cordoba, lo stesso popolo che in Italia chiede l'elemosina all'uscita dei supermercati, lo stesso popolo che non riceve rispetto, eppure ha ancora tanta bellezza da dare.

Concludendo questo articoletto sul mio Viaje Andaluso, mi piace ricordare ancora una volta la felicità della presidentessa del centro culturale nel sentirmi, col mio accento strambo, chiedere tutte le informazioni possibili sulla situazione del suo popolo. Dopo una lunga chiacchierata, mi ha salutata dicendo ''!hasta luego, preciosa!''. Sì, perchè ogni scambio culturale è una Meraviglia, ogni parola molto preziosa.

'sta luego!!

Serena Raggi

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